è un piccolo gioiello, un trattato visivo che sintetizza con una scrittura fotografica sublime e scarna, la critica corrosiva alla società del capitalismo assoluto. Un film che dovrebbe
essere visto nelle scuole e sottoposto ad attenta analisi da parte dei giovani, dato che parla anche del loro presente e del loro futuro.
Il genio di Loach mette in scena la disperata corsa di una famiglia di lavoratori nella giungla economica neoliberista.
Le multinazionali hanno modificato i ritmi di sfruttamento della fabbrica fordista, la maggior parte della working class è divorata dal ritmo di sfruttamento; oggi, infatti, lavoratori senza
diritti, si rendono "schiavi" dei "capricci del mercato".
Il film mette in risalto quanto siano vani gli sforzi dei due protagonisti: il marito fa il trasportatore conto terzi con un proprio furgone, ma dipende dalla programmazione ferrea dei tempi
di sfruttamento (apparentemente è un lavoratore in proprio, un padroncino, autonomo dalla casa madre, in realtà su di lui vengono scaricati costi, responsabilità, eventuali contrattempi); la
moglie è un'assistente domiciliare che con dedizione aiuta le persone in difficoltà (ma quando sarà lei a cadere nelle difficoltà, sbatterà contro il muro della ferrea legge di mercato e non
otterrà nessuna forma di solidarietà).
Il film racconta come le regole di una concorrenza spietata e di un sistema disumano spezzino persino l'armonia familiare facendo precipitare i protagonisti in una vertigine di fallimenti e
di sofferenza dove anche il più piccolo guaio, si trasforma in una catastrofe familiare.
La conclusione non lascia molta speranza: i lavoratori vivono sul filo del rasoio, basta una lieve scossa e precipitano nell'indigenza, sommersi dai debiti, nonostante il supersfruttamento
che impone loro di lavorare anche 14 ore senza pausa. Come criceti in una ruota infernale corrono senza soluzione di continuità e senza modificare la propria condizione. In questo modo
perdono pure la loro umanità e la loro dignità, ma "è il mercato, bellezza!"
ps.: tra le righe, conoscendo la matrice marxista di Loach, sembrerebbe che il regista ci voglia dire che solo una ribellione su larga scala, una rivoluzione, possa riscattare gli esseri
umani da questa giostra infernale.
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