
Il neoliberismo, in economia si presenta come la panacea di tutti i mali, in politica si presenta come espressione di massima libertà individuale, propone un futuro di prosperità per tutti attraverso l’esaltazione del “libero mercato”.
Dai tempi della madama Thatcher e del suo comprimario Reagan, tale “teoria” dispensa siffatte amenità a tutto il pianeta.
La base delle politiche economiche neoliberiste consiste in alcuni presupposti:
a) nel riversare gran parte della pressione fiscale sulle imposte indirette (quelle che pagano tutti), diminuendo le imposte dirette (quelle che dovrebbero ispirarsi alla progressività) così un bene viene a costare un'inezia per il ricco e un'enormità per il povero (gran furbata!);
b) oltre a ciò nella privatizzazione dei beni pubblici, nella deregolamentazione selvaggia delle norme che limitano l’accumulazione privata;
c) nella drastica riduzione della spesa sociale.
d) nell'individualismo sfrenato contrapposto alla collettività.
Tutto quanto condito con il “mantra” neoliberista, incarnato nello slogan: “meno stato (s minuscola ovviamente) più mercato”.
Questo intruglio indigesto è stato veicolato per diversi decenni, con alcuni aggiustamenti di facciata, fino ad oggi.
Al fondo di tutte le chiacchiere vi è una sorta di darwinismo sociale (chi può sopravviva, gli altri si arrangino!) e una rincorsa all’arricchimento sfrenato da parte di una minoranza a danno della più larga parte della popolazione.
Il libero mercato che “libero” non è, visto che è la diretta emanazione di chi esercita la dittatura economica (alcuni gruppi privilegiati) contro il resto dell’umanità, diventa l’alibi per una forma di propaganda (il neofascismo delle parole) che consente di dire una menzogna senza alcun pudore.
Chi ne fa le spese? Le classi medie e quelle meno abbienti che si impoveriscono a scapito di ristrette oligarchie. I beni pubblici, costruiti nel corso di intere generazioni con il loro immenso sacrificio, vengono messi in “vendita”.
Migliaia di opinionisti, redattori, editori, giornalisti dei media televisivi e della carta stampata, si sono fatti interpreti della “vulgata”.
In cambio di piccoli avanzamenti di carriera o di lauti stipendi hanno invaso le case di simili “ragionamenti”, fingendo che la ricchezza di pochi sarebbe stata il trampolino di lancio per una forma di ricchezza diffusa.
L’inganno in parte è riuscito, per via della formula gobbelsiana per cui: “una menzogna ripetuta ossessivamente diventa un’inconfutabile verità!”, così persino alcuni strati popolari hanno creduto alla fandonia.
Intanto è proseguita la demolizione e la denigrazione di tutto ciò che è pubblico, scuola, cultura, sanità, trasporti.
Secondo tale teoria, Tutto ciò che è pubblico deve essere privatizzato, perché (viene dipinto) come necessariamente malgestito, al contrario, il privato è per sua “natura” migliore (?).
Salvo accorgersi, come in questa pandemia del ventennio, che la cura di ciò che è Bene Collettivo dovrebbe essere tutelato contro ogni tentativo di demolizione, perché, alla fine di tutte le chiacchiere, il Bene Pubblico, per definizione, appartiene a tutti e, nel caso sanitario, si prende cura universalmente di tutti, senza distinzione di classe sociale e ti salva la vita.
Mentre il privato persegue principalmente il proprio bilancio e getta alle ortiche quello che non è remunerativo.
Basterebbe poi pensare alle scuole private e alle scuole pubbliche per rendersi conto della sciocca teoria liberista.
Oppure recarsi in un pronto soccorso quando la situazione è veramente grave per capire quanto prezioso sia il Servizio Pubblico.
Non vale dunque la facile argomentazione dei detrattori dello Stato, che anche il pubblico a volte presenta carenze indifendibili, perché, se ci fosse onesta intellettuale, occorrerebbe pretendere di migliorare e di sanare le eventuali “carenze”, anziché invocare la dismissione al “privato”.
Anche perché sono enormemente presenti tanti esempi di malversazione e di gestione fallimentare del privato.
(si pensi ad esempio a tutte quelle aziende che nottetempo trasportano via i macchinari, licenziano i lavoratori e spariscono, o a quelle che generano finti fallimenti).
Quindi bisognerebbe argomentare dicendo che le iniziative private a volte sono efficienti, a volte sono fallimentari, ma non sono da privilegiare quando è in ballo il Bene Comune.
Quelle pubbliche, se non sono sufficienti, occorrere metterci mano per renderle efficienti e adeguate, facendole gestire a dirigenti capaci e rimuovendo quelli infedeli o incapaci.
Ma purtroppo, come diceva un grande filosofo, le opinioni a sostegno di un pre-giudizio (in questo caso a sostegno del neoliberismo) sono “un fatto sociale” quindi nessuna argomentazione logica e razionale può scalfire che ne è posseduto.
Le persone che sono intrise di "mercato" sono come ossessi indiavolati e non sono in grado di affrontare un qualsiasi argomento in forma razionale.
L'individualismo viene esaltato come massima espressione di "persona libera", bisognerebbe chiedersi: "libera da cosa?", ovvero rappresenta una netta scissione con qualsiasi tipo di legame sociale.
Ma gli esseri umani sono legati da un rapporto sociale, l'individuo libero in astratto è una totale scemenza oltreché una finzione.
Ad ogni modo questa narrazione tossica ha ammorbato tutte le società e si sta propagando come un virus su tutto il globo.
il danno maggiore di tale modo di pensare coinvolge che le masse non hanno nulla da guadagnare ma ci credono perché subiscono un lavaggio del cervello continuo, mentre le oligarchie finanziarie ingrassano a scapito della vita degli altri (di cui non frega nulla), a scapito dell'ambiente sempre più maltrattato, a causa di guerre generate dal profitto e dalla ricerca di un'egemonia politico-militare (che supporta sempre le aspettative economiche).
Nelle fasi di crisi le guerre (continuazione delle guerre commerciali) servono per fare maggiori profitti.
Non è un caso che gli squilibrati che siedono nelle stanze del potere oltreoceano stiano pensando a far guerra ai loro concorrenti (Russia, Cina, Iran ecc...).
Peccato che di guerra in guerra, di privatizzazione in privatizzazione, si allontana ogni possibilità di un mondo più equo e più giusto.
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