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Compromessi storici e ombrelli Nato

Berlinguer viene ricordato nostalgicamente da molti ex militanti del Pci che rimpiangono la sua prematura scomparsa. Sono militanti sgomenti per la deriva del loro vecchio partito che oggi è un frankenstein irriconoscibile.

Il Pd è la sommatoria di due realtà che sono state avversarie per molti anni fino alla proposta di Enrico Berlinguer che fu raccolta da Aldo Moro, ma avversata da molte componenti sia della DC che del PCI.

Aldo moro fu sciaguratamente ucciso da una manipolata frazione combattente le cosiddette BR (pilotati esternamente dai servizi di molte nazioni straniere), e il Paese prese una deriva che lasciò i movimenti di opposizione senza fiato e parole per molti anni, fino al declino di ogni forma di lotta sociale per una equità salariale e un mondo più giusto e solidale.

Se è corretto esaltare la figura di Berlinguer per la sua statura morale, specie se la riferiamo a ciò che egli stesso definì “la questione morale”, criticando la deriva etica ed  economicistica del suo partito, e se confrontiamo la sua figura politica con i personaggetti che oggi militano a sinistra; è però sbagliato farne una esaltazione apologetica di ogni sua posizione politica.

Berlinguer cercava una via terza (anche Blair la cercò anni dopo in modo approssimativo e disastroso), ma commise due errori madornali che hanno segnato la linea del suo partito e lo sviluppo della coscienza politica di decine di militanti italiani:

1) l’intervista a Pansa in cui affermò di “sentirsi al sicuro sotto l’ombrello della Nato” privò molti militanti di una preziosa arma critica, facendo credere alla versione che l’alleanza atlantica fosse superiore dal punto di vista democratico di ogni altra possibile formazione o alleanza. Un punto di vista che non permise uno sviluppo autonomo, anche se ci fu il tentativo dell’eurocomunismo come forma assai debole di alternativa. Mettersi “al sicuro” sotto l’ombrello della Nato era una pia illusione, specialmente in un paese semi-coloniale come l’Italia debitrice del piano Marshall, vassalla politicamente ed economicamente. Ricattata dalla presenza inquietante delle basi militari Usa piene di armi nucleari (in pratica dal 1945 ad oggi non esiste un’Italia veramente indipendente).

2) il compromesso storico era una scappatoia dettata dalla paura di un colpo di stato in Italia simile a quello che c’era stato in Cile, ma di fatto, aprì la strada alla fusione fredda DC-PCI che di fatto sancì la definitiva fine del Pci fagocitato dalla ben più attrezzata e finanziata DC.

Erano anni in cui la sinistra cresceva nei sondaggi, vi era di sicuro un rischio alto di colpo si stato, gli Usa guardavano con preoccupazione alla crescita di una sinistra larga e popolare e brigavano con le formazioni armate clandestine di destra (ma anche di sinistra), per prepararsi a rovesciare con la forza un eventuale governo a guida “comunista”.

Tuttavia era davvero la strada giusta? Smobilitare la forza di un partito di massa consegnandolo al “nemico storico” ci avrebbe messo al riparo? Da che cosa?

La risposta è negativa per diverse ragioni:

1) innanzitutto la strategia della tensione orchestrata dagli Stati Uniti, con la complicità dei servizi “deviati”, delle bande armate “nere” e della mafia, non è mai cessata e ancora oggi cova sotto la cenere.

2) correre sotto l’ombrello della Nato si è rivelata una sciagura storica, perché ha svuotato la coscienza di molti militanti rendendola malleabile, aprendo una grossa falla nella memoria resistente (allora era chiaro che la liberazione dal nazifascismo sarebbe stata impossibile senza l’enorme sacrificio del popolo russo con 27milioni di morti), mentre oggi persino nella cultura si è fatta strada l’idea perversa e cialtrona, ma psicologicamente molto significativa, alla benigni-maniera, che la liberazione di Auschwitz sia opera degli americani.

3) il compromesso storico si è rivelato “un rimedio peggiore del male” perché, anni dopo, ha permesso a un personaggio patetico di operare la famigerata svolta della Bolognina, che ha aperto la stura al completo asservimento della componente Pci-Ds alla DC-Margherita. Tra le righe dei documenti di allora, negli scritti di Enrico Berlinguer, si intravvede una pericolosa deriva, che di concessione in concessione, ha consentito, anni dopo, la fusione fredda. L’unica attenuante possibile è concedere che Egli scomparve presto, ma i segnali già allora non erano positivi. Ad esempio la conventio ad excludendum era una tattica che aveva subìto per anni il PCI, ma che lo stesso Pci applicava regolarmente a tutte le formazioni alla sua sinistra.

Una tecnica che vige ancora oggi nel sindacato confederale, eredità di quel modo di intendere i rapporti politici. Ad esempio La CGIL opera una regolare esclusione, con relative scomuniche, di tutte le formazioni sindacali di base nate negli anni ‘80. Questa tecnica è una diretta eredità del modus operandi del Pci di allora (compreso il Pci di Berlinguer).

4) tornando alla domanda fondamentale: il “compromesso storico” ci ha davvero messo al riparo dal colpo di stato? La risposta è negativa. La sottomissione alla componente ex-DC ha disarmato di idee e progetti tutta la componente operaia, l’ha resa mansueta e obbediente alle cosiddette “regole democratiche”, che consistono nel subire, senza troppe scosse e tensioni, tutte le decisioni antipopolari facendole passare per “necessarie e innovative riforme”.

Dalla marcia dei quarantamila (organizzata ad hoc con fior di quattrini da Agnelli con la longa manu militare degli Usa), fino agli anni ‘20 del duemila il movimento dei lavoratori ha rinculato continuamente cedendo terreno ad ogni conquista sociale e salariale, fino a trovarsi, frastornato e rintronato, con le spalle al muro, incapace di qualsiasi forma di resistenza e di mobilitazione.

I tentativi di colpi di stato in Italia si sono succeduti con regolarità da piazza Fontana alle bombe sui treni, poi si è capito (l’Intelligence ci è arrivata anche lei) che era più utile farlo sottilmente, senza bombe, col manganello mediatico che funziona meglio dei carri armati (però poi ci sono anche i carri armati e le testate nucleari nel nostro Paese, non si sa mai, potrebbero sempre tornare utili!).

L’altra sciagurata affermazione “ci sentiamo più sicuri sotto l’ombrello Nato” ha disarmato ulteriormente ogni forma di “coscienza resistente”.

Anche in questo caso l’unica attenuante che si può concedere a Berlinguer, era il clima di guerra fredda di allora, ma si tratta di una blanda attenuante.

Perché quell’affermazione, oggi, pesa come un macigno e porta il suo ex partito ad essere un fedele scagnozzo delle truppe americane e dei loro strateghi guerrafondai.

Se si cercano i lanzichenecchi più infervorati e guerrafondai filo americani, li si trova tra le fila di quel compromesso abortivo che oggi si chiama PD.

Certo, Berlinguer non poteva sapere che i dirigenti di allora, avrebbero condotto il suo partito nelle paludi e lo avrebbero fatto affogare, quindi non fu colpa sua la successiva debacle.

Semmai una responsabilità fu la mancata visione di ciò che stava accadendo tra le masse a sinistra del PCI.

C’erano movimenti giovanili che marchiavano di “revisionismo” e di “imborghesimento” il PCI di allora, ma con qui movimenti si doveva dialogare.

Se ci fosse stata una maggiore apertura a sinistra, molti temi ( sulle rivendicazioni salariali, sulla precarietà, sull’ecologia e sull’ambiente, sui diritti individuali e sociali, sulla libertà di stampa e di opinione, sui Beni Comuni, sull’anti-imperialismo, ecc…) che allora si dibattevano tra i giovani potevano irrobustire le rivendicazioni operaie e dei lavoratori in genere, anziché infiacchirle.

L’impressione era che, a quel tempo, non si dovesse criticare troppo il governo per poter presentare la faccia “governista” come rassicurante, ma fu una scelta nefasta e ancora oggi tutti i lavoratori ne pagano le conseguenze in termini di arretramento delle rivendicazioni e dei diritti sociali.

Infine, l’eccessivo atlantismo ha gettato, letteralmente, in pasto agli americani, ai guerrafondai della Nato, le coscienze di milioni di lavoratori, che oggi sono smarriti e confusi. Molti addirittura sono convinti che gli Usa proteggano gli interessi Europei ed italiani, una distorsione mentale di enorme gravità.

L’eccessivo filo-atlantismo indebolisce, oggettivamente, la costruzione di un punto di vista terzo, tra i diversi imperialismi contrapposti.

Il mondo è multipolare, ma qualcuno, oltreoceano, pensa di essere ancora l’unico artefice dell’impero mondiale e vuole dettare legge su tutto il globo; se da questo lato, in Europa, tutta la vecchia “sinistra” cede a questa visione distorsiva, ne consegue che non si costruisce nessuna politica estera europea indipendente, ma ci si appiattisce e ci si nasconde dietro “l’ombrello della Nato”, senza nessun sussulto di dignità.

La sbornia americanista iniziata negli anni del rock and roll, musica, ballo, sesso, sballo, ha operato una svolta culturale epocale nelle coscienze europee e di mezzo mondo. Seguita da certa letteratura finto-libertaria che ha influenzato, sopratutto a sinistra, milioni di giovani generazioni. L’illusione di una libertà sfrenata è stata veicolata in molti modi, con mezzi differenti, dai media, dai mezzi di comunicazione di massa, dall’industria cinematografica e discografica di marca anglosassone.

Dagli anni ‘50 del ‘900 ad oggi le popolazioni europee sono state americanizzate nella loro quotidianità e persino nel cibo.

Questa lunga penetrazione ha visto delle sacche di resistenza in piccoli cenacoli culturali, ma a livello di massa la guerra culturale americana è stata devastante. Torme di pseudo intellettuali, di giornalisti hanno bevuto alla fonte delle veline americane come il nuovo verbo che non può essere messo in discussione.

In tal modo gli Usa hanno potuto guerreggiare in tutto il mondo senza alcune freno.

L’ombrello della Nato ha compiuto e compie abusi di potere, minaccia, bombarda e distrugge intere nazioni e popoli, senza alcun ritegno, anche in barba alle convenzioni internazionali. Quindi non offre alcun riparo “sicuro”, anzi conduce tutti i paesi che vi aderiscono verso nuove avventure militari senza ritorno e, come un letale Pifferaio Magico, porta i popoli sull’orlo della catastrofe, ammaliandoli con le chiacchiere sceme sulla “esportazione della democrazia e dei diritti umani”.

Eppure il mondo non è ancora vinto dagli Usa, vi sono Paesi che si oppongono in modo a volte efficace, a volte maldestro, allo strapotere americano. Ecco perché la nuova frontiera culturale è distruggere ogni forma di resistenza antimperialista bollandola come “antiamericanismo”.

In questo caso gli epigoni della “sinistra dei salotti” sono campioni: attaccano a testa bassa ogni tentativo di critica all’amato padrone.

Mentre la destra (un tempo antiamericana), astutamente, si accuccia ai piedi del potente per poter fare i propri affari comodamente e per piaggeria.

In questo disastro delle coscienze critiche, ciò che è peggio, è la mancanza di dialogo che dovrebbe essere la stella polare di un’Europa libera dalla catena americana, una federazione di Nazioni europee, in grado di parlare con tutti i Paesi del mondo, Cina, India, Russia, America Latina, Africa, ecc... per riacquistare un po’ di dignità e di indipendenza, e per la salvaguardia di tutto il pianeta, smettendola con le manifestazioni di forza armata.

Senza questa visione “internazionalista e antimperialista”, nessuno è davvero al riparo dalla Guerra finale dell’umanità.

Ma per essere veramente antimperialisti, occorre essere mentalmente liberi e poter esprimere la propria visione senza condizionamenti culturali e, nelle odierne terre europee, è un’impresa assai ardua.

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